Un picchetto al giorno

Una delle cose che più mi affascina di questo palazzo è il forte miscuglio di odori che si produce nella tromba delle scale, provenienti per la maggior parte dalle cucine degli appartamenti. Credo non esista un momento nella giornata in cui tutte le cucine siano improduttive. Ognuno partecipa al menù del palazzo, ognuno con i suoi orari, ognuno coi suoi ritmi. Poi verso le undici di sera le cucine si placano, gli odori si depositano e vanno a formare il tipico odore di questo edificio. Mercoledì scorso mi sa che sono stato l’ultimo a cucinare. Mi sono fatto delle malinconiche lenticchie (la vergogna del palazzo, temevo che mi suonassero da un momento all’altro: “Scusi, ma ci sta rovinando il menù del palazzo! un po’ di quel che ci vuole, per cortesia!!”). Manco il tempo di pensare a sta cazzata che il rumore del chiavistello mi blocca la masticazione: entra il coinquilino con tre amici, si fiondano affamatissimi in cucina, “ciao”, “ehi”, si distribuiscono tra armadietti, frigo, lavabo, fornelli, lava, taglia, friggi: in zero due secondi montano dei panini con le prime cose che trovano (fortuna sono arrivati almeno alla cucina, pensavo), “noi andiamo ai picchetti, vuoi venire?”. In pochi istanti la malinconia era dicisamente scesa di livello. “Metto le scarpe e arrivo”. Era da giorni che sentivo parlare di questi picchetti “si fanno la notte prima dello sciopero generale, per bloccare il mercato del consumo, i media e tutto quello che si può bloccare”. Sticazzi, da noi nella migliore delle ipotesi la sera prima di uno sciopero generale ci si trova su un regionale per Roma. Parcheggiamo e ci mescoliamo alla folla: circa trecento persone impiantate ad una rotatoria che obbligano i tir entranti a percorrerla tutta e tornare indietro. “È l’ingresso all’area logistica di generi alimentari più importante della regione, nonché quella da cui attinge quasi l’intero mercato cittadino”. Un’area di quasi cinquecentomila metri quadrati, nella quale si affaccendano circa duecentotrenta imprese e circolano quasi quattrocentottantamila tonnellate di prodotti ortofrutticoli, di pesce e di carnazza. Dicono che, come ogni giorno, devono arrivare quintali di camion fino alle cinque, ma sono le tre e già non arrivava più nessuno. La notizia del blocco a quanto pare ha già girato e giustamente i camionisti si vorranno risparmiare la passerella (che comporta insulti, adesivi, sbombolettate, petardi ma anche luci di telecamere e microfoni di canali televisivi). Oltretutto adesso c’è un camion fermo in mezzo alla strada che non riesce più a ripartire, dando al picchetto una tenera aria di barricata. “Sembra che domani la città mangerà gli avanzi del giorno prima”, uaa detta così suona proprio bene.. vaglielo a dire ai miei vicini! A saperlo tra l’altro non finivo le lenticchie, che ho divorato con tanto di scarpetta. E forse qui sta un po’ il problema.. crescere a suon di «finisci quello che hai nel piatto» è di certo un bene, ma solo in un regime di povertà. Con le tonnellate di roba che transita di qui ogni giorno, che nuovi significati prende sta frase? Minchia ma poi quattrocentottantamila! Com’è che non siamo tutti obes “Oh ci sei?”, “Sì. Scusa ero sovrappensiero”, “Vieni che ci becchiamo alle auto con gli altri e vediamo che fare”
P. Catena